Chiese del centro storico

La pieve del Castello

Dalla terra, le mani pazienti degli archeologi hanno estratto la chiesa di San Bartolomeo, patrono di Formigine, e il suo cimitero, tuttora visibili.

La chiesa raggiunse il suo massimo sviluppo nella seconda metà del XIV secolo con la costruzione del campanile. Con l’avvento dei Pio, iniziò il graduale smantellamento dell’abitato, ricostruito all’esterno delle mura. La pieve venne trasformata in cappella signorile, mentre all’esterno, di fronte al castello, fu eretta l’attuale chiesa di San Bartolomeo.

Nel Museo del Castello, la stanza della sepoltura racconta la storia della pieve medievale e del suo cimitero. Grazie alle installazioni multimediali, si rievoca il rito della sepoltura medievale e si assiste al riemergere dalla terra dei reperti archeologici ora parte della collezione museale.

Con molta probabilità, all’interno della pieve di San Bartolomeo trovava collocazione l’affresco di una Madonna con Bambino, denominata Nostra Donna della Rocca e databile ai primi decenni del XV.

L’attuale collocazione nel piano nobile del palazzo marchionale risale al restauro dell’ultimo dopoguerra, al quale si devono pesanti ritocchi pittorici opportunamente rimossi con l’intervento più recente.

 

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Chiesa parrocchiale di San Bartolomeo

L’attuale chiesa parrocchiale derivò il titolo di San Bartolomeo dalla cappella interna del castello assumendo, intorno al 1575, la funzione di parrocchia cittadina.

Già restaurata una prima volta nel 1688, essa venne radicalmente ristrutturata dall’architetto ducale Gian Maria Ferraroni detto il “Brigo” (1662- 1755), mentre la facciata fu portata a termine soltanto due secoli più tardi.

Poverissima, in origine, di arredi liturgici e di suppellettili, la chiesa di San Bartolomeo andò arricchendosi di quadri e pale votive sin dal XVII.

La chiesa ospita le opere del lombardo Vincenzo Spisanelli (1595-1663), di Oliviero Dauphin (1634-1683) e di Carlo Rizzi (1685-1759).

 

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Chiesa della SS. Annunciata

Sorto intorno al 1546 all’esterno delle mura castellane per devozione alla Vergine Annunciata, dopo essere stato affidato alle cure della Confraternita del SS. Sacramento, il modesto oratorio venne ampliato a partire dal XVII secolo, assumendo dignità di chiesa. Dopo l’elevazione del campanile, l’edificio venne decorato e abbellito con affreschi, stucchi e scagliole. Nell’Ottocento, la chiesetta venne sottoposta a ben due interventi di consolidamento murario e ad un restauro. Del pittore Luigi Manzini (1805-1866) sono le due grandi tele raffiguranti S. Liborio e S. Geminiano che offre alla Vergine la città di Modena e Il Redentore con S. Agata e S. Liberata inginocchiata davanti a un neonato (1846).

Nel Novecento, l’edificio ha subito profonde modificazioni. Al fine di allargare la via Giardini, l’antico oratorio venne decurtato di due campate, perdendo il campanile, l’organo, gli altari laterali e con essi gli affreschi e gli ornati settecenteschi.

La chiesetta  conserva l’Annunciazione, uno dei più interessanti dipinti degli inizi del XVII secolo in territorio estense, attribuito al giovanissimo Bartolomeo Schedoni (1578-1615).

Il pittore che nacque probabilmente a Formigine e lavorò alla corte del duca di Modena Cesare d’Este prima, del duca di Parma e Piacenza Ranuccio Farnese poi, si formò sulla base del manierismo di Nicolò dell’Abate, rinnovando però la sua arte alla luce della lezione dei Carracci, aggiungendo la luminosità di Caravaggio.

Fu autore di pale d’altare, dipinti da cavalletto ma anche di opere a carattere profano, come i cicli di affreschi, la maggior parte dei quali sono andati perduti. A causa del suo carattere irrequieto e rissoso, ebbe problemi con la giustizia e una vita travagliata, che lo portò alla morte, forse suicida.

 

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Conventino

Le prime notizie sul Conventino risalgono al 1577 quando la Comunità si fece carico delle spese di restauro dell’edificio comprendente un piccolo oratorio ed un convento appartenenti ai Servi di Maria sin dal 1525.

In seguito alla soppressione dei piccoli conventi serviti, il complesso formiginese passò alla parrocchia cittadina, divenendo poi sede dell’istituenda  Confraternita delle Sacre Stimmate (1693) che ebbe tra i suoi priori lo stesso Marchese Mario Calcagnini (1712), proprietario del Castello di Formigine.

Ne primi decenni del Settecento, l’oratorio venne riedificato dal celebre architetto ducale Giovanni Maria Ferraroni (1662-1755), soprannominato il “Brigo”, ed abbellito d’una elegante decorazione in stucco.

Danneggiato profondamente dai bombardamenti del secondo conflitto mondiale, fu poi riaperto al pubblico negli anni ’50.

 

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Madonna del Ponte

Dalla ristrutturazione dell’oratorio edificato nel 1510 accanto alla Porta del Borgo nei pressi del ponte levatoio, sorse, per iniziativa della Confraternita di San Pietro Martire, una chiesetta intitolata alla Madonna delle Grazie (1581) in cui venne traslocato, con l’intero massello di mattoni, l’affresco votivo della Vergine col Bambino staccato dal muraglione adiacente al casotto dei gabellieri.

Nel 1617, l’architetto ducale Pasio Pasi da Carpi progettò l’ampliamento del tempio che, intanto, aveva assunto il titolo di Madonna del Ponte. A Carlo Guastuzzi, maestro d’intaglio, si deve il baldacchino ligneo, meglio conosciuto come “casamentino”, destinato ad accogliere l’immagine della Madonna del Ponte posta alle spalle dell’altar maggiore, progettato dal comasco Tommaso Loraghi (1607-1670).  La chiesa ospita numerose pale d’altare, tele e sculture.

 

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